Numero 126, 1° maggio 2008

Come ormai da decenni, in occasione del Primo Maggio numerosi compagni e lettori provenienti da diverse città si sono ritrovati a Torino. In margine alla manifestazione ufficiale, sono state esposte le nostre pubblicazioni. Più tardi c'è stato il consueto ritrovo conviviale. La sera e il giorno successivo sono seguite riunioni e discussioni di lavoro. Ringraziamo lettori e simpatizzanti che, tra stampati e sottoscrizioni, ci hanno permesso di raccogliere 680 euro che andranno tutti a favore della stampa.

Elezioni

Dalla nostra "redazione diffusa" abbiamo ricevuto una gran quantità di spunti dedicati all'ultima tornata elettorale. Ne selezioniamo alcuni che fanno di questa newsletter, per una volta, un numero monografico. Raggruppiamo qui di seguito i link correlati al parlamenarismo e alla politica italiana:

1919: L'illusione elezionista
1919: O preparazione rivoluzionaria o preparazione elettorale
1920: Replica di Bordiga a Lenin sul parlamentarismo
1921: Nella torbida vigilia elettorale
1924: Che cosa vale una elezione
1949: Pagliacciate parlamentari
1953: Il cadavere ancora cammina
1960: La concorde regia dell'infessimento elettorale
1992: Il 18 brumaio del partito che non c'è (nasce la Seconda Repubblica)
1995: La questione italiana
1998: Padania e dintorni

Noi non votiamo

Analizzando la forma della società capitalistica, Marx afferma che, essendo il suicidio contro natura, lo Stato è costretto a non credere nella propria impotenza a soddisfare i bisogni dei cittadini. Esso può ammettere solo piccoli difetti formali dovuti al caso e cercare di rattoppare sé stesso. E siccome i rattoppi si dimostrano quasi sempre peggio del buco, lo Stato attribuisce i propri difetti non a sé stesso, cioè al sistema, ma a un qualcosa di esterno, ad esempio i cittadini che disobbediscono alle regole. Questi, tartassati dallo Stato, strillano contro le limitazioni delle libertà. Ma strillano anche contro gli effetti della libertà. E' un circolo vizioso senza via d'uscita da cui il rapporto Stato-cittadini esce lacerato: e "questa lacerazione, questa infamia, questa schiavitù della società civile sono il fondamento na­turale su cui poggia lo Stato moderno, così come la società civile della schiavitù era il fondamento naturale dello Stato antico. L'esistenza dello Stato e l'esistenza della schiavitù sono inseparabili". Votare per le strutture dello Stato è votare per la propria schiavitù.

Codice inverso

Francesco Merlo, su Repubblica, si chiede se convenga "buttare con l'acqua sporca del comunismo anche il bambino della sinistra radicale". E subito consiglia alla borghesia: buttate l'acqua sporca, ma tenete il sinistro bambino perché serve ancora. Il discorso sui servizi della sinistra è lucido, ma osservate che summa di mistificazione sul comunismo, che assoluto imbastardimento del concetto, che rovesciamento spudoratamente interessato. In realtà il bambino del comunismo è vivo e vegeto, cresce benissimo, scalcia e dà botte da orbi; ogni tanto si fa il bagnetto e getta via l'acqua sporca, cioè il pattume che ormai non si può più neppure definire opportunista. Quando sarà un po' più cresciuto penserà al resto, dai Veltrusconi ai Bertinché.

Ali di pollo

Il taglio delle ali estreme è perfettamente riuscito. A destra, i dissidenti sono stati isolati da Fini, a sinistra da Veltroni. Nasce dunque un doppio partito di centro fortemente voluto dalla borghesia e dai due vincitori. Infatti i veltroniani si sono affrettati a riconoscere il successo dei concorrenti, pensando alle riforme da fare assieme per blindare l'assetto politico uscito dalle elezioni. A piangere le sorti democratiche resta quella "sinistra radicale" che proprio con lo spauracchio del ducetto d'Arcore ha messo in mano ai suoi nemici l'affilata lama che l'ha troncata di netto dai due rami parlamentari.

Eroicomiche

In ordine rigorosamente sparso il solito mucchietto di liste trotskiste ha saputo una volta di più mostrare la sua nullità qualitativa e quantitativa. Neppure capaci di mettersi insieme per accaparrarsi quel rimborso spese che andava a chi prendeva almeno l'1% dei voti: l'unico motivo un minimo sensato per presentare una propria lista. I rispettivi capitani affondano assumendo pose eroicomiche, ma non c'è alcuna nave che affondi con loro.

Taglio silenzioso

I vari Turati e Treves non avranno continuatori riformisti in parlamento, neanche controfigure. L'azione a tenaglia berlusco-veltroniana ha ammazzato silenziosamente il socialismo italico portando alla dissoluzione l'ultimo residuo partitico sopravvissuto a "mani pulite". Ora i due killer si spartiranno il piccolo bacino elettorale, con la sanzione di ciò che già era successo: i craxiani da una parte, i boselliani dall'altra. Del socialismo ai politici non importa più niente. Agli effetti del marketing vale di più il Padreterno, conteso tra teocon e teodem, con cilicio o senza, col permesso del Vaticano.

L'ultimo filibustiere

Col corsaro Mastella messo in disarmo è finita la libera filibusta. Ora tutti i pirati dovranno essere asserviti o affondati, come al tempo di Sua Graziosa Maestà la Regina Elisabetta d'Inghilterra. O baronetti dell'impero o pendagli da forca. Anche le varie Ceppaloni hanno smesso d'essere terra franca.

Ritorni spettrali

L'omologazione veltroniana alla destra e il pensionamento dei riformisti, istituzionali o finto-alternativi, sono state ghiotte occasioni per certificare l'ennesima morte del comunismo. La stessa variegata folla che vent'anni fa sognava il paradiso globale capitalistico s'è ripresentata senza alcun senso del ridicolo alle esequie di Carlo Marx, ricorrenti come un onomastico. Rassicuriamo lor signori che don Carlo è proprio morto nel 1883, che anche Lenin è mummificato in senso stretto e in senso lato, e che quello che li ossessiona fino allo spasimo è il fantasma del comunismo che nessuno riuscirà a esorcizzare.

Federalismo, centralismo e sceriffi

Una campagna schedaiola all'insegna della "sicurezza". Siano armati gli sbirri contro chi sovverte l'ordine e la disciplina. Siano gettate in campo burocrazia centralista o antiburocrazia federalista: tutto fa brodo per rafforzare il controllo sociale. E per renderlo più capillare si rafforzino i poteri locali, trasformando i sindaci in questori e i vigili in poliziotti. A Parma s'è tenuto un summit di sindaci allineati su un fronte assolutamente bipartisan: due del Pdl, due leghisti, due civici centristi, quattro del Pd. Tutti d'accordo nel richiedere al nuovo governo di aumentare "la sicurezza dei cittadini". Insomma, la crisi economica avanza e ogni pretesto è buono per estendere l'ingerenza della macchina statale in tutte le fasi della vita dei sudditi.

Il vuoto e il pieno

Dopo le traumatiche elezioni, Beppe Grillo ha radunato 60.000 persone a Torino. E' evidente che ha riempito non solo la piazza ma soprattutto un vuoto politico. Qualunquismo antipolitico, dice invece qualcuno. Vabbè, allora dalla parte del pieno è qualunquismo antipolitico anche lo stra-voto alla Lega. E naturalmente, dalla parte del vuoto è qualunquismo il non-voto all'Arlecchino-Arcobaleno. In realtà il povero elettore non può far altro che spostarsi dai pieni ai vuoti, come successe con il travaso verso il berlusconismo. Adesso, ubbidiente alla réclame, ha riempito il vuoto veltrusconiano sfrondando a destra e manca. Se si pensa che è dal 1992 che va avanti questa storia della Seconda Repubblica, c'è da essere fieri per aver portato il cervello all'ammasso per 16 anni (per non parlare dei precedenti). Lamentandosi poi che ciò possa anche prendere sfumature "antipolitiche".

Il cadavere ancora cammina

Preso atto dello tsunami elettorale, la "sinistra radicale", tra coltelli che volano e rese dei conti in vecchio stile Politburo, sta cercando di riorganizzarsi. L'idea di restare stabilmente fuori dal parlamento fa accapponare la pelle agli epigoni di Stalin e di Trotsky (gli uni assassini storici degli altri ma uniti in un fronte racapricciante). E allora via con i congressi e le costituenti per dar vita all'ennesima "cosa rossa". Sputtanatissima e destinata a finire come le precedenti. Siamo d'accordo con Marx sul fatto che la vittoria del vero partito rivoluzionario passa dalla sconfitta definitiva di quello democratico e cretinista-parlamentare, ma perdio, quanto ci mette a togliersi dai piedi!

Ricordate il divino De Curtis

"Vota Antonio... vota Antonio..." ripeteva Totò meccanicamente, facendo il verso alle beghine e agli slogan elettorali. La disfatta dei sinistri ad opera addirittura della Lega già prefigura un'altra ammucchiata e si ventila persino un Partito Democratico della Padania. Padrino il free-lance Cacciari con eco fra i tetragoni sabaudi, Chiamparino in testa. Giustamente Maurizio Crozza ha fatto loro la parodia parlando in una sorta di slang padano: "Amici, democratici, el risult… de i elesiun merita un'attenta analisi, diciamo pure una riflesiun". Cacciari afferma, serioso come un filosofo, di avere il copyright: "Sono 15 anni che predico il Partito del Nord". Neppure Totò avrebbe potuto immaginare tanta immane e tragica comicità. Ve lo ricordate Totò Peppino e la malafemmina? "Dunque, excuse me, bitte schòn... Noio... volevam... volevàn savoir... l'indiriss... ja...".

Demenza senile

Pietro Ingrao, che qualcuno definisce padre nobile della sinistra italiana (ma non era uno stalinista di bronzo?), in vista del ballottaggio per l'elezione del sindaco di Roma, si è speso in un appassionato sostegno al candidato Francesco Rutelli: "Avanti allora a lavorare adesso col popolo e nel popolo per l'elezione di Francesco Rutelli, combattente generoso e conoscitore profondo delle questioni romane, a guida della metropoli capitolina... La lotta continua." No, questa volta non si tratta di uno sketch...

Roma vota a sinistra

S'indignino pure i democratici fino a schiattare, ma la sequenza storica è: autocrazia feudale, democrazia borghese, fascismo (in quanto "realizzatore dialettico delle istanze riformiste"). Perciò quest'ultimo è "progressista" rispetto alla vecchia democrazia chiacchierona. Ciò è tanto vero che persino i partigiani degli Stati Uniti, una volta finita la guerra, definirono i loro ex sponsor con il termine di "neofascista" al pari dei missini di Almirante. In realtà il fascismo non è né "paleo" né "neo" è semplicemente la forma moderna del comando capitalistico. Centralizzata, corporativa soprattutto statalista-riformista. Quindi "a sinistra" rispetto al comando democratico liberista. Se non fosse che i fascisti attuali sono dei quaquaraquà peggio dei Veltroni & Co., si potrebbe dire che la sinistra borghese erede di Mussolini (il socialista massimalista) è tornata in Campidoglio. Alemanno ha già provato a metterla "sul sociale". C'è riuscito meglio di Veltroni ma, come al solito, se la prima volta è tragedia la seconda è solo farsa.

Primo Maggio molto unitario

Torino è ancora una delle poche città in cui c'è un consistente richiamo tradizionale alla manifestazione del Primo Maggio. Sfilano naturalmente tutte le "componenti sociali" meno il proletariato in quanto tale. Quest'anno i sinistri, resi lividi dalla disfatta, hanno sfilato a ranghi ridottissimi. E non più a ruota delle "autorità" e delle "istituzioni" ma in coda, fra le frange "estremiste" (si fa per dire). Un messaggio, forse. Perciò più che in altre occasioni s'è evidenziato il fronte unico democratico: tutti, ma proprio tutti, hanno cantato Bella Ciao. Canzone patriottica di guerra scaturita da un patto militare imperialista.

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