Commercio britannico

Questo articolo fu pubblicato sulla New York Daily Tribune il 3 febbraio 1858 ed è inedito in Italia (la traduzione è nostra). In esso Marx previde che il maggior paese imperialistico della sua epoca sarebbe stato costretto, a causa dell’esportazione di capitali cui doveva corrispondere un aumento delle importazioni, a finanziare i suoi concorrenti e a preparare così il suo proprio declino. Come si osserva nel commento che lo segue [Il prezzo della supremazia], la situazione descritta da Marx, fatte le debite differenze storiche, è simile a quella in cui si trovano oggi gli Stati Uniti.

Nel corso dell’ultima sessione straordinaria del Parlamento inglese, Lord Derby ha dichiarato alla Camera dei Lord che il valore delle importazioni inglesi degli ultimi tre anni ha superato quello delle esportazioni per un ammontare di 150.000.000 di sterline. Questa dichiarazione ha suscitato una controversia fuori seduta, qualcuno si è rivolto a Lord Stanley of Aderley, Presidente del Board of Trade [Ministero del Commercio] per informarsi sull’esattezza della dichiarazione di Lord Derby. Il presidente del Board of Trade ha risposto con una lettera indirizzata a coloro che l’avevano interrogato:

L’affermazione di Lord Derby alla Camera dei Lord, secondo la quale il valore delle nostre importazioni di questi ultimi tre anni ha superato di 150.000.000 di sterline quello delle nostre esportazioni è inesatta; Lord Derby ha preso il valore totale delle nostre importazioni, comprese le importazioni delle colonie e dei paesi stranieri, e ha escluso le riesportazioni delle merci che erano state ricevute dalle colonie e dai paesi stranieri. Il calcolo di Lord Derby indica:

Importazioni (sterline) 468.000.000

Esportazioni 308.000.000

Differenza 160.000.000

mentre avrebbe dovuto indicare:

Importazioni 468.000.000

Esportazioni 371.000.000

Differenza 97.000.000

Il Presidente del Board of Trade rinforza questa affermazione servendosi di un confronto tra i valori delle esportazioni e delle importazioni dell'Inghilterra negli anni 1855, 1856 e 1857. Noi riportiamo di seguito questo documento di alto interesse che non si troverà nei giornali di Londra. Si vedrà in primo luogo che la questione potrebbe essere presentata in maniera da confermare l’affermazione di Lord Derby. Per esempio:

Importazioni totali 468.000.000 £

Esportazioni inglesi 308.000.000 £

Eccedenza delle importazioni sulle esportazioni inglesi 160.000.000 £

Riesportazione di prodotto straniero 63.000.000 £

Bilancia del commercio sfavorevole all'Inghilterra 97.000.000 £

C’è quindi effettivamente un’eccedenza di 160.000.000 di sterline delle importazioni straniere sulle esportazioni inglesi e, dopo la riesportazione di 63.000.000 di sterline di produzione straniera, resta, come ha dichiarato il presidente del Board of Trade, una bilancia commerciale in deficit di 97.000.000 di sterline, una media di 32.000.000 di sterline per ognuno dei tre anni 1855, 1856, 1857. Di qui le recenti rimostranze del London Times:

Le perdite reali subite dalla nazione durano da cinque, sei anni e solo oggi noi le scopriamo.

Queste perdite non provengono, tuttavia, dall’eccedenza delle importazioni sulle esportazioni, ma dal carattere particolare di una gran parte delle esportazioni.

In effetti, la metà delle riesportazioni consiste in materie prime straniere utilizzate in produzioni che servono ad incrementare la concorrenza straniera contro gli interessi industriali inglesi, e che in una certa misura ritornano agli Inglesi sotto forma di prodotti manufatti per il loro consumo interno.

Ma il punto decisivo che bisogna tenere presente è che le grandi riesportazioni di materie prime, provocate dalla concorrenza delle manifatture del continente, hanno fatto salire il prezzo delle materie prime al punto di assorbire quasi completamente il profitto spettante al fabbricante inglese. Noi abbiamo già avuto l’occasione di fare alcune constatazioni in questo senso per quel che concerne l’industria cotoniera inglese. Visto che in questo momento la crisi industriale agisce con maggior evidenza nei distretti lanieri inglesi dove i fallimenti si susseguono – e la stampa di Londra la nasconde con cura ai lettori - può essere opportuno dare qui qualche cifra che dimostri la concorrenza effettiva scatenata dai produttori del continente europeo ai loro colleghi inglesi per la lana grezza – una concorrenza che ha provocato una salita senza precedenti, rovinosa per i produttori, del prezzo di questa materia prima, e che incoraggia la speculazione che è esplosa su questo prodotto. Le cifre che seguono sono relative ai nove primi mesi di ciascuno degli ultimi cinque anni:

Importazioni (in libbre)

Anno Estero Colonie Totale
1853 37.586.199 46.277.276 83.863.475
1854 27.006.173 50.187.692 77.193.865
1855 17.293.842 53.896.173 71.190.015
1856 22.377.714 62.148.467 84.526.181
1857 26.604.364 63.053.100 90.657.464

Esportazioni (in libbre)

Anno Estero Colonie Totale
1853 2.480.410 5.343.166 7.823.576
1854 5.993.366 13.117.102 19.110.468
1855 8.860.904 12.948.561 21.809.465
1856 5.523.324 14.433.958 19.967.303
1857 4.561.000 25.068.787 29.629.787

Dunque le quantità di lane straniere e coloniali ritornate per il consumo interno inglese sono state le seguenti:

Anno Peso in libbre
1853 76.039.899
1854 58.033.397
1855 49.380.550
1856 64.568.878
1857 61.027.677

D’altra parte, le quantità di lana di produzione interna inglese esportate sono state le seguenti:

Anno Peso in libbre
1853 4.755.443
1854 9.477.396
1855 13.592.756
1856 11.539.201
1857 13.492.386

Sottraendo dalla quantità di lane straniere importate in Inghilterra, prima la quantità riesportata, e in seguito le quantità di lane inglesi esportate, troviamo le seguenti quantità reali di lana straniera disponibili per il consumo interno inglese:

Anno Pesobin libbre
1853 71.284.756
1854 48.606.001
1855 35.787.794
1856 53.029.677
1857 47.535.291

Perciò, mentre le importazioni di lana coloniale in Inghilterra sono aumentate da 46.277.276 libbre nei primi nove mesi del 1853 a 63.053.100 libbre nello stesso periodo del 1857, e le importazioni totali di ogni genere, da 83.863.475 a 90.657.464 negli stessi rispettivi periodi, nel frattempo l’incremento nella domanda per il continente europeo nell’intervallo è stato tale che le quantità di lana estera e coloniale ritornate per il consumo inglese sono diminuite in cinque anni da 76.039.899 libbre nel 1853 a 61.027.677 libbre nel 1857; se si tiene conto delle quantità di lana d’origine inglese esportate, c’è stata una diminuzione globale da 71.284.456 libbre nel 1853 a 47.535.291 libbre nel 1857. Si comprenderà meglio il significato di queste constatazioni prestando attenzione al seguente fatto, riconosciuto dal London Times in un articolo finanziario: parallelamente a questo incremento nelle esportazioni di lana dall'Inghilterra, le importazioni dei manufatti di lana continentali, specialmente quelli francesi, sono aumentate.

Dalle cifre fornite da Lord Stanley of Aderley, abbiamo tratto la seguente tabella, che dimostra in quale misura la bilancia del commercio con l'Inghilterra è favorevole o sfavorevole ai diversi paesi.

Bilancia commerciale sfavorevole all'Inghilterra nel 1855, 1856, 1857 (Sterline)   Bilancia commerciale favorevole all'Inghilterra nel 1855, 1856, 1857 (Sterline)
1 Stati Uniti 28.571.764   1 Città Anseatiche 18.883.428
2 Cina 22.675.433   2 Australia 17.761.889
3 Indie orientali 19.605.742   3 Brasile 7.131.160
4 Russia 16.642.167   4 Turchia 6.947.220
5 Prussia 12.842.488   5 Belgio 2.214.207
6 Egitto 8.214.941   6 Olanda 1.600.904
7 Spagna 7.146.917   7 Capo di Buona Speranza 59.661
8 Indie occid. Britann. 6.906.314        
9 Perù 6.282.382        
10 Svezia 5.027.934        
11 Cuba e Portorico 4.853.484        
12 Isole Mauritius 4.672.090        
13 New Brunswick 3.431.303        
14 Danimarca 3.391.144        
15 Ceylon 3.134.575        
16 Francia 2.696.291        
17 Canada 1.808.454        
18 Norvegia 1.686.962        
19 Africa (Ovest) 1.432.195        
20 Portogallo 1.283.075        
21 Due Sicilie 1.030.139        
22 Cile 693.155        
23 Buenos Aires 107.676        

Il semplice fatto che vi sia un’eccedenza delle importazioni inglesi sulle esportazioni, che raggiunge l’importo di 97.000.000 di sterline in tre anni, non potrebbe in alcun modo giustificare le lamentele degli inglesi, che sostengono di "esercitare il loro commercio al prezzo di un sacrificio annuo di 33.000.000 di sterline" e di avvantaggiare con questo commercio solo i paesi esteri. L'enorme e crescente importo di capitale inglese investito in tutte le parti del mondo deve essere remunerato da interessi, da dividendi e da profitti che devono essere tutti rimessi in larga misura sotto forma di prodotti esteri, e gonfiare di conseguenza la lista delle importazioni inglesi. Oltre alle importazioni corrispondenti alle esportazioni, ci deve essere un surplus d’importazioni rimesse non in pagamento di merci esportate ma come reddito di capitale. In generale, la cosiddetta bilancia commerciale deve dunque sempre essere in favore del mondo contro l’Inghilterra, perché il mondo è costretto a pagare annualmente all’Inghilterra non solo le merci che da essa compera, ma anche gli interessi sul debito che le deve.

Delle considerazioni svolte, l’aspetto veramente inquietante per l’Inghilterra è che essa non è evidentemente in grado di trovare, in casa propria, un campo di impiego sufficiente per il suo pletorico capitale; e che deve quindi prestarlo su scala crescente e, simile in questo all’Olanda, Venezia, Genova all’epoca del loro declino, forgia essa stessa le armi dei suoi concorrenti. L’Inghilterra è costretta, accordando ampi crediti, ad alimentare la speculazione negli altri paesi per trovare un campo di utilizzazione per il suo surplus di capitale, e a mettere così in pericolo la sua ricchezza acquisita proprio nel tentativo di aumentarla e conservarla. Essendo obbligata ad accordare ampi crediti ai paesi manifatturieri esteri, come il continente europeo, anticipa essa stessa ai suoi rivali industriali i mezzi per farle concorrenza sui semilavorati, e contribuisce quindi al rincaro delle materie prime utilizzate per i propri tessuti. Il piccolo margine di profitto lasciato al fabbricante inglese, ancora ridotto dalla costante necessità - per un paese la cui stessa esistenza dipende dalla situazione di monopolio che ne ha fatto l’officina del mondo - di svendere costantemente rispetto al resto del mondo, è allora compensato dal taglio dei salari della classe lavoratrice e dalla creazione in casa propria di una miseria su scala rapidamente crescente. Questo è il prezzo naturale pagato dall’Inghilterra per la sua supremazia commerciale e industriale.

Rivista n. 1