Newsletter numero 199, 20 giugno 2013

Rivolta in Turchia

Dopo tre settimane di scontri continui, la rivolta nelle città turche non accenna a placarsi. A Istanbul, tra sabato e lunedì (15-17 giugno) le componenti sociali polarizzate sullo scontro frontale si sono misurate in una prova di forza, consistente per il momento nel padroneggiare il campo. Il governo, dopo aver ordinato alla polizia di disperdere i manifestanti/occupanti (operazione riuscita), ha radunato significativamente un milione di persone. In tutta risposta, già nel pomeriggio di domenica centinaia di migliaia di oppositori hanno formato cortei e assembramenti in molte città e a Istanbul hanno cercato di riprendersi lo spazio appena perduto. Nel frattempo cinque sindacati hanno dichiarato lo sciopero generale per il lunedì successivo. Il governo ha immediatamente dichiarato illegale lo sciopero, avvertendo che ogni tentativo di rientrare in piazza Taksim o in Gezi Park sarà considerato "atto di terrorismo". I numeri della rivolta variano da fonte a fonte, ma è certo che finora milioni di cittadini si sono schierati in piazza e decine di migliaia hanno partecipato attivamente alla guerriglia urbana. I morti sono cinque, i feriti almeno 5.000 (una cinquantina gravi, 11 accecati dalle sostanze chimiche usate dalla polizia) e gli arrestati 4.600. Nella sola battaglia per sgomberare la piazza e il parco ci sono stati 800 feriti, altri 600 nella battaglia per riconquistarli e 441 nella giornata di martedì. Giornalisti, fotografi, avvocati e medici, bastonati e arrestati in massa, incominciano a parlare di clima da guerra civile. Il governo sembra perdere la testa e sta ordinando alla polizia l'uso dei deterrenti estremi che ha in dotazione, proiettili di gomma, bombe sonore, gas e spray di ogni tipo, urticanti sparati dai cannoni ad acqua. Nella notte tra domenica e lunedì decine di oppositori (tra cui 90 militanti di un solo piccolo partito socialista) sono stati arrestati nelle loro case. Il governo minaccia anche di far intervenire le forze armate, ma se la radicalizzazione sociale si accentua, l'esercito kemalista (laico-borghese), sarà costretto a pronunciarsi autonomamente mettendo in campo forze d'interdizione per separare gli opposti schieramenti oppure attuando un colpo di stato, come del resto ha già fatto più volte. In ogni caso non potrà che assumere un atteggiamento ostile nei confronti di un esecutivo che, seguendo una deriva islamica sempre più marcata, ha già tentato di smantellare la tradizione borghese laica dell'apparato militare.

La prima cosa che balza all'occhio è l'emergere velocissimo (pochi giorni) di una struttura organizzativa centralizzata, "Solidarity Taksim". Si tratta di un'aggregazione democratica e frontista, ovviamente interclassista, formata da 116 organismi diversi che vanno dai partiti tradizionali d'opposizione ai gruppi calcistici di ultras normalmente nemici, dai sindacati ai gruppi anarchici o "marxisti" che rappresentano nell'insieme strati proletari. Ma queste forze sociali, per quanto eterogenee, si sono polarizzate con velocità incredibile, fornendo non solo coordinamento ma centralizzazione tramite l'ormai consueta rete dei social network. Tra l'altro il governo turco, a differenza ad esempio di quello egiziano, non ha potuto bloccare Internet per non danneggiare la struttura economica che sulla rete basa il 100% del commercio B2B (business to business). Questa centralizzazione raggiunta dai fieri rivoltosi turchi è inedita fra gli indignados, gli occupiers americani e i rivoltosi arabi. È possibile che si precisi e che abbia dei riflessi sull'intero movimento globale.

Annotiamo che il movimento sociale innescato a Tunisi e proseguito con la cosiddetta primavera araba sta coinvolgendo in sequenza anti-oraria molti paesi, quasi come se ci fosse una legge di contiguità, un'osmosi di problemi che funge da detonatore. Ciò non è teorizzabile in alcun modo, ma è un fatto che passando dal Maghreb al Mashrek, la rivolta è giunta in Turchia, cioè nel bel mezzo di quella polveriera del mondo che da sempre è rappresentata dal Medio Oriente e dai Balcani. Per quanto non si possa trovare una legge soggiacente se non quella della pressione capitalistica sulle popolazioni, la radicalizzazione e la sua propagazione "virale" sembrano inarrestabili. In Turchia le tipologie emerse finora, quella della cosiddetta primavera araba e quella euroamericana indignados-occupy, si sono fuse producendo un organismo potenzialmente in grado di dirigere la sommossa in modo centralizzato. Non risulta finora che esso sia entrato in crisi a causa di contraddizioni interne come invece è successo alle strutture assembleari tipiche delle rivolte precedenti. Se questa tesi ha un senso, il movimento globale di rivolta sta assumendo caratteri "autopoietici", ovvero di auto-organizzazione e apprendimento, dovuti alla terna "preleva", "immetti" e "cancella" informazione, da noi citata in un articolo della rivista.

2008: L'Europa virtuale e i nuovi attrattori d'Eurasia: la Turchia come fulcro dinamico
2011: Occupy the World together

Law and Order

Intervenendo sul tema del sovraffollamento delle carceri il giurista G. Rossi recensisce sul Sole 24 Ore uno studio americano "L'illusione del libero mercato: punizione e mito dell'ordine naturale" nel quale si denuncia l'esistenza di "uno stretto collegamento fra le politiche del libero mercato e l'alta percentuale dei detenuti". Secondo l'autore, "le pseudorivoluzioni nella politica economica (liberismo scatenato) e la rivoluzione nella politica criminale (tolleranza zero) sono andate di pari passo". Negli Stati Uniti una persona su 100 è in carcere o agli arresti domiciliari, un dato inaudito che obbliga il recensore a cercare le cause, citando Quesnay sulla diminuzione dei prezzi che si accompagna a quella dei salari e Nietzsche, sul concetto di "colpa" legato al senso del debito: "La comunità sta coi suoi membri nel fondamentale rapporto del creditore verso i propri debitori, sicché il debitore, fuori mercato a causa delle disuguaglianze, deve essere dalla comunità restituito allo stato selvaggio, anche attraverso la detenzione". Produrre "selvaggi" invece di uomini liberi e consapevoli, questo sì che è progresso.

2010: L'outsourcing globale

Ci risiamo

Le grandi banche d'affari americane sono tornate a fabbricare Cdo, quelle obbligazioni "salsiccia" in cui viene macinato di tutto e che si meritarono l'appellativo di "titoli tossici". I mutui subprime americani stanno andando a ruba. Gli investitori sono di nuovo aggressivi come nel 2007. I fondi di private equity mondiali hanno ripreso a strapagare le aziende e a rimpinzarle di debito. I mercati finanziari sono zeppi di capitale fittizio per almeno 750.000 miliardi di dollari (calcolando le transazioni non registrate si ipotizza un milione di miliardi e più, una dozzina di volte il PIL mondiale). Il fatto è che se si riacutizza la crisi, gli stati non hanno più risorse per farvi fronte come la prima volta. Gli istituti di monitoraggio dei mercati stanno denunciando la crescita "abnorme" (in realtà normalissima per questo sistema) di titoli tossici e derivati vari. Ci sono fondi che rastrellano lucrosi bond greci e li impacchettano con mutui a rischio vendendoli su di un mercato che ne richiede a valanga. La immane liquidità pompata dalle banche centrali per sostenere il sistema in crisi è stata completamente assorbita ed ora è utilizzata per operazioni più fantasiose e pericolose di prima.

2008: Non è una crisi congiunturale

Disoccupati fantasma

Il presidente della Banca Europea, Draghi, dice che il tasso ufficiale di disoccupazione giovanile in Europa (40% tra i 15 e i 19 anni) è "inaccettabile". Sul Sole 24 Ore il dato viene messo in discussione come allarmistico: prima di tutto - scrive il commentatore - tra i 15 e i 19 anni in molti paesi non si lavora proprio e quindi il dato ufficiale va depurato; inoltre, per i giovani dai 20 ai 24 anni, i dati ufficiali riflettono i rilevamenti sul mercato del lavoro al quale, però, nella media europea, partecipa solo il 10% dei giovani. In Italia la disoccupazione giovanile è ufficialmente nella media, cioè al 40%, ma siccome solo il 10% dei giovani "partecipa al mercato del lavoro", i disoccupati sarebbero soltanto il 40% del 10%, cioè il 4% della popolazione in età di lavoro. Pur conoscendo bene la situazione di figli, nipoti e conoscenti, nessuno di noi s'era mai accorto che solo 4 giovani su 100 sono senza lavoro. Che distratti!

1949: Marxismo e miseria

Robot umani

Nel Capitale di Marx si descriveva l'uomo asservito alla macchina, ora siamo all'uomo fatto macchina. Sentite questa. La SAP, azienda tedesca di software gestionale, ha comunicato che per affrontare le sfide del XXI secolo intende "fare innovazione" anche a partire da aspetti marginali della sua specifica produzione incorporea. Perciò ha deciso di ricorrere al lavoro di "persone che pensano in modo diverso". Non si tratta esattamente di una spinta etica ma dello sfruttamento di soggetti particolarmente adatti a operare con lunghe sequenze di codice durante la produzione del software. Una prima verifica sperimentale è venuta dall'impiego di sei persone con disturbi autistici negli uffici di Bangalore in India, ricavandone una maggiore produttività e coesione del gruppo rispetto alla media. La sindrome autistica è un disturbo dello sviluppo neuronale che produce negli individui comportamenti patologici ma anche capacità di concentrazione nelle operazioni ripetitive, memoria visiva sviluppata, potenza di calcolo mentale, fissazione per i dettagli. Uomini considerati alla stregua di macchine già programmate, insomma.

2003: Abolizione dei mestieri e della divisione sociale del lavoro

Fuga dalla Terra, biglietto di sola andata

Nella scorsa newsletter avevamo preso in esame il progetto della NASA per una missione "umanata" verso Marte (manned). Giunge notizia di una analoga spedizione in progetto presso enti privati. Si impone un interrogativo piuttosto curioso: mentre nella missione pubblica è previsto un viaggio di andata e ritorno, in quella privata il ritorno non è previsto, gli astronauti dovranno rimanere su Marte per sempre. Chi è questa volta che spara balle spaziali? Siamo propensi a distribuire equamente tale facoltà: le tecnologie di oggi non permettono di lanciare nello spazio materiali e carburanti sufficienti per viaggiare in doppia direzione, ma è anche vero che non sarà facile trovare qualcuno disposto a passare il resto della sua vita in una capsula grande quanto un'automobile alimentandosi con pillole e liquidi riciclati dai propri escrementi.

1999: Scienza e rivoluzione

Stampare soldi

Sul fronte della "crisi" le lamentele non hanno fine, ma nessun economista è finora riuscito a spiegare scientificamente ciò che sta succedendo. Sui giornali leggiamo che mai le banche hanno ottenuto tanta liquidità, prezzi del denaro così bassi e in quantità così immane, eppure le aziende non hanno mai avuto crediti in misura così scarsa e a prezzi così alti. Le suddette banche oltre tutto stanno sottraendo all'industria 800 miliardi di euro tenendoli congelati in cassaforte per operazioni più succulente rispetto alla noiosa e infida produzione materiale. Così leggiamo ad esempio che il Rwanda emette titoli di stato per 400 milioni di dollari e riceve richieste per 3.500 milioni, grazie al fatto che garantisce (virtualmente) un interesse del 6,8%. Eppure sono sei anni che tutti, ma proprio tutti, predicano che "bisogna sostenere l'economia reale". Ma quella che abbiamo sotto agli occhi che cos'è, l'hanno forse inventata i fratelli Grimm?

2008: Capitalismo che nega sé stesso

Arraffa-arraffa

I "denigratori del picco", cioè coloro per i quali la disponibilità di petrolio e gas è quasi infinita, sembrano essersi presi una rivincita su coloro per i quali il punto massimo di produzione/consumo è ormai raggiunto e superato. La messa a punto di tecnologie sofisticate per estrarre idrocarburi dalle rocce e sabbie bituminose ha permesso di aumentare la produzione americana al punto di ridurre drasticamente il ricorso alle importazioni. Quello che non si dice (per adesso) è che 1) secondo la legge marxiana della rendita tali fonti, che hanno resa calante nel tempo, possono essere sfruttate solo se aumenta il prezzo del petrolio; 2) la resa calante è tale che l'esaurimento è molto più veloce rispetto a quello dei giacimenti tradizionali. Il Post Carbon Institute ha calcolato ad esempio che per mantenere la produzione attuale occorrerà investire 42 miliardi di dollari all'anno, che è più di quanto si ricavi dal petrolio venduto. Il picco è raggiunto e superato, non solo per il petrolio ma anche per le balle propagandistiche sull'infinita crescita.

2012: Energia e materie prime

Il futuro agisce sul presente

Su YouTube è disponibile una nuova versione in italiano del lungo documentario Moving Forward curato dal collettivo Zeitgeist. Chiudendo un occhio sugli insopportabili inserti filmici moraleggianti all'inizio e alla fine, è assolutamente da vedere, soprattutto pensando alla citazione di Marx posta sulla Home page del nostro sito. Che la società futura agisca sul presente è reso evidente da un filmato del quale si può dire, pur con tutte le cautele del caso, che sviluppa gli stessi argomenti dei nostri punti programmatici, presenti sempre in Home page come "manifesto politico". Ciò significa che la pressione anticapitalistica sale e che, nonostante le professioni di anticomunismo nelle interviste di alcuni scienziati, la conoscenza della specie è in grado di mostrare precise anticipazioni del futuro.

1999: Elementi della transizione rivoluzionaria come manifesto politico

Deserto urbano

È caratteristica cinese il fenomeno delle città fantasma rimaste incompiute e senza abitanti a causa dello sviluppo interrotto dalla crisi. In Occidente invece, il calo demografico urbano è dovuto al declino fisiologico che ha accompagnato la deindustrializzazione. Detroit ha perso un milione di abitanti dimezzandoli rispetto al suo massimo, Milano ne ha persi 500.000, Torino 360.000. Tuttavia si continua a costruire nei grandi centri urbani alla rincorsa di alte rendite o profitti, ma ad esempio i più famosi grattacieli innalzati ultimamente faticano a essere venduti o affittati. A Dubai la torre più alta del mondo è parzialmente inoccupata da anni. A Londra quella progettata da Renzo Piano e pagata da uno sceicco arabo è rimasta clamorosamente vuota: dei 26 piani previsti per uso commerciale non un ufficio è stato piazzato e nemmeno gli alloggi di lusso hanno avuto successo. Trecentodieci metri di spreco a dimostrare che il Capitale non riesce ad agganciarsi nemmeno più alla rendita, la sua maggiore àncora di salvezza.

2002: Decostruzione urbana
2002: La dimora dell'uomo

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