Newsletter numero 198, 26 aprile 2013

Un "Diciotto Brumaio" permanente

È da decenni che in Italia s'è imposta una non-separazione fra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Non è il parlamento che legifera per lasciare ai governi l'applicazione delle leggi, ma il contrario: sono i governi che fanno passare leggi a suon di decreti che vengono poi ratificati. Da parte sua la magistratura è in continua osmosi con il mondo politico. È tutto normale, per carità, compreso il sistema bicamerale non eletto ma nominato dagli apparati di partito (poco importa se con una legge elettorale o un'altra). Non staremo a preoccuparci per la "lesa democrazia" e nemmeno per l'immane corruzione che un simile sistema comporta. Ma la spaccatura fra l'economia politica e la sua rappresentazione organizzata è ormai irreversibile. E non si tratta di quello "scollamento" che i giovani del PD denunciano occupando le sedi del partito. Sciocchezze. La immensa spaccatura è nell'incompatibilità strutturale di tipo fisico fra involucro capitalistico e contenuto già maturo per una società diversa.

1992: Il Diciotto Brumaio del partito che non c'è

Bussole impazzite

Siamo di fronte a una situazione da manuale, in cui tutti i protagonisti sono spiazzati rispetto a un ruolo che non sanno più recitare e non solo non si capiscono fra loro, ma non capiscono neppure più sé stessi. Il Movimento 5 Stelle, che si chiama fuori dai giochi pur facendone parte, non è affatto consapevole delle determinazioni forti che stanno alla base della sua formazione e sviluppo. La sua pretesa di essere "antropologicamente diverso" rispetto a ciò che esiste (come dice Grillo) non corrisponde né al suo programma, né alla sua azione sul campo. Altrimenti non sarebbe stato necessario mettersi d'accordo con la Digos per far defluire in spazi innocui i dieci o ventimila convenuti al flash-mob di Roma.

2008: Elezioni non proprio normali
2011: Il piccolo golpe d'autunno

Capitale automatico

Un falso tweet ha fatto circolare su Internet la voce di un'esplosione alla Casa Bianca che avrebbe ferito Barack Obama. La smentita è arrivata subito, ma nel frattempo i programmi automatici di compravendita di titoli d'ogni genere hanno registrato l'evento e hanno reagito ordinando vendite massicce. In pochi minuti l'indice Dow Jones è crollato di 145 punti bruciando 200 miliardi di dollari. Non è la prima volta che false voci provocano movimenti finanziari, ma non era mai successo che i programmi automatici attingessero informazioni in tempo reale direttamente dai social network. Questo significa che il Capitale espande il proprio monitoraggio sull'intera società, cioè che l'uomo gli sta fornendo dei sensi artificiali rendendolo non solo autonomo come previsto da Marx, ma in qualche modo "vivo". Un mostro raccapricciante.

1988: La legge del valore e la sua vendetta
2005: L'autonomizzarsi del Capitale e le sue conseguenze pratiche

Biocarburanti-truffa

Questa società non ce la fa proprio ad essere razionale. Straconsuma energia? Allora cerca di darsi più combustibili. La prima generazione dei cosiddetti biocarburanti era basata sulla fermentazione e distillazione di mais, bietola o canna da zucchero come materia prima. La seconda idem, ma utilizzando piante non commestibili. La terza si baserà sulla fotosintesi di alghe unicellulari o fermentazione di biomasse trattate con enzimi o batteri. La quarta idem, ma con biomasse trattate con batteri "ottimizzati" in laboratorio tramite ingegneria genetica. La prima generazione, quella in atto, brucia bio-energia equivalente al cibo per 200 milioni di persone; la seconda, sperimentata con impianti pilota, produrrà lo stesso risultato a causa della rendita, cioè della colonizzazione dei terreni agricoli da parte delle piante da alcool o da olio; la terza e la quarta sono a livello sperimentale di laboratorio e per il momento servono solo ad attrarre capitali. Di diminuire la dissipazione energetica neppure a parlarne.

2007: Perché i biocarburanti affameranno il mondo
2008: Piccolo bilancio sui biocarburanti

Rotte imperiali cinesi

Il 15 aprile la Cina ha siglato con l'Islanda il suo primo accordo free-trade con un paese europeo. Esso prevede l'eliminazione delle tariffe protettive su un interscambio pari a 420 milioni di dollari (pesce fresco e accesso ai porti per Pechino). La cifra è considerevole per un paese di 320.000 abitanti che si confronta con uno di 1,3 miliardi. Il punto focale evidentemente non è il pesce. Proprio mentre veniva siglato questo accordo, esperti cinesi in tema di cambiamento climatico comunicavano che entro il 2020 il 15% del commercio estero cinese avverrà su rotte artiche liberate dal ghiaccio. In maggio la Cina entrerà nel Consiglio Artico, attualmente formato da otto paesi che tentano di varare una comune geopolitica polare. E in una zona desolata dell'Islanda dovrebbe sorgere un enorme albergo su terreno di proprietà cinese con capitali cinesi.

2005: Sindrome cinese
2005: Tessile cinese e legge del valore

È una legge, François!

Il record della spesa pubblica nell'eurozona è detenuto dalla Francia con il 57% del PIL, mentre l'ammontare del debito è vicino al 100%. Secondo alcuni economisti francesi, consulenti del governo, questa situazione è insostenibile. È vero che lo stato in Francia funziona ancora meno peggio che altrove, ma proprio per questo ha notevoli rigidità strutturali per cui ogni provvedimento rischia di avere un effetto tardivo rispetto alla dinamica del rapporto spesa-debito-PIL. Per tutta risposta il presidente François Hollande ha inventato la "politica del rigore senza austerità". Anche nell'italietta s'era incominciato col dire così e si era finiti con una "austerità senza rigore" tanto che Monti aveva riconosciuto di aver ammazzato l'economia senza riuscire a varare politiche di ripresa. Quando si è già passati dalla riproduzione allargata alla riproduzione semplice, è impossibile passare da quest'ultima a qualcosa d'altro: il capitalismo non funziona più.

2008: Non è una crisi congiunturale

Un mondo di carta, anzi, di bit

Per The Economist, la ragione per cui gli stati continuano a pagare l'interesse sui loro giganteschi debiti è un mistero dell'economia. A un alto grado di lassismo statale nel contrarre sempre più debito corrisponde una certa diligenza nel pagare gli interessi anche in situazioni catastrofiche. Anche in caso di collasso (Argentina, Grecia) la situazione finisce per normalizzarsi e l'istituto del debito non perde credibilità, funziona sempre, nonostante qualcuno rimanga scottato. L'investimento sul debito dei paesi emergenti o a rischio ha reso, dal 1998 a oggi, un interesse del 10,4% medio, molto più, ad esempio, del debito americano (4,3%). La Grecia ha pagato, finché ha potuto, fino al 16% di interesse. I principali detentori di debito pubblico sono i fondi d'investimento e le banche, le quali stanno ricevendo denaro a costo zero e lo reinvestono lucrando. Da dove arriva il valore per alimentare questa rapina? Normalmente dallo sfruttamento; ma senza "crescita" questo è impossibile, quindi si crea moneta, anzi, bit. Può durare? No che non può.

1988: L'evoluzione della politica monetaria degli Stati Uniti

"Oro luccicante, duro cibo di Mida"

Il prezzo dell'oro è crollato del 30% dal dicembre scorso. Gli operatori si aspettavano un aggiustamento, dato l'andamento negativo di molte materie prime causato dal calo della produzione, ma proprio la crisi persistente avrebbe dovuto comunque sostenere il prezzo di quello che è considerato il bene-rifugio per eccellenza. Gli addetti ai lavori hanno bisogno di una spiegazione per poter prevedere un andamento, ma non sono d'accordo fra loro. Dalla liberalizzazione del suo prezzo quarant'anni fa, l'oro è passato da 32 dollari l'oncia a 1.800, quasi 60 volte di più. L'oro ha già quindi inglobato il valore fittizio di un capitale in cerca di sicurezza. Ma nello stesso tempo è un metallo come gli altri, utilizzato per il 70% in oreficeria, un settore di consumo popolare, contrariamente a quanto si crede (l'India è il maggior mercato e il 70% dell'oro è acquistato dai contadini). Non è il 13% tesaurizzato che può alla lunga dettar legge al mercato.

1946: I problemi della moneta

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